Rule of Law – Il diritto senza legge e la legge senza spirito Come l’Europa difende la forma e perde il senso

A Bruxelles si parla di Rule of Law
come di un marchio di conformità democratica.
Si misura, si valuta, si scrivono relazioni, si emettono ammonimenti.
Tutto corretto, tutto ordinato – ma manca il respiro.

Il concetto che un tempo fondava la civiltà giuridica europea
si è ridotto a una parola di burocrazia.
Lo si difende come si difende un protocollo:
non per convinzione, ma per abitudine.

Eppure lo Stato di diritto non vive nei codici,
ma negli uomini che hanno il coraggio di dire “no”
quando il sistema urla “così si fa”.
Vive nei giudici che sanno che l’indipendenza
non è una condizione, ma una scelta quotidiana.
E muore quando il diritto viene applicato senza essere più compreso.

L’Europa ha imparato a parlare di Rule of Law
senza più parlare di giustizia.
Confonde il funzionamento della macchina
con il respiro dello spirito.
Ma la legalità senza morale è amministrazione,
e l’amministrazione senza verità è potere.

La Rule of Law non è mai stata una formula,
ma una promessa:
che nessun uomo è sopra la legge,
e nessuna legge è sopra la verità.

Oggi, però, la legge è diventata la lingua della paura.
Si giudica per controllare,
si giudica per proteggersi.
E mentre l’Europa celebra i suoi standard giuridici,
perde ciò che li rendeva sacri:
l’umiltà davanti al diritto stesso.

Lo Stato di diritto, senza spirito,
è solo uno specchio in cui il potere si contempla.
Ma uno specchio non vede – riflette soltanto.

Per questo l’Europa non ha bisogno di nuove regole,
ma di memoria.
Memoria che il diritto non obbedisce, ma serve.
Che la giustizia non si amministra, si vive.
E che ogni norma applicata senza amore
può essere legale –
ma non sarà mai giusta.