Giudice e avvocato si ritirano dal processo contro la difensora dei diritti umani Evarella L’udienza di convalida rivela gravi violazioni e una possibile dimensione politica
Termini Imerese/Bompietro, 2 settembre 2025 – Nel procedimento penale contro Evarella, giornalista tedesca e difensora dei diritti umani e degli animali, il giudice originariamente incaricato, Dott. Alessandro Quattrocchi, ha chiesto ufficialmente il 12 giugno 2025 di astenersi dal processo. Il presidente del Tribunale di Termini Imerese, Dott. Antonio Napoli, ha accolto la richiesta di astensione e assegnato il processo alla Dott.ssa Maria Aiello.
Non meno rilevante è il caso del difensore d’ufficio: anche l’Avv. Salvatore Di Liberti, assegnato all’imputata contro la sua volontà esplicita, ha rinunciato al mandato. A differenza delle nomine regolari, Di Liberti non è stato scelto dal tribunale, bensì imposto su insistenza del Comandante Radiomobile dei Carabinieri di Petralia Sottana – lo stesso ufficiale al quale Evarella si era precedentemente lamentata per i ripetuti verbali stradali falsi e per le vessazioni subite per anni da parte delle forze dell’ordine.
Questo evidente legame tra l’autorità di polizia e il difensore d’ufficio mina profondamente la fiducia nella neutralità del processo e rafforza il sospetto di un tentativo deliberato di intimidazione attraverso un controllo sistematico di tutte le fasi procedurali.
Anche se, dal punto di vista giuridico, non è stata formalmente riconosciuta alcuna parzialità, il ritiro del giudice assume un forte valore simbolico e politico:
Il fatto che entrambi – giudice e difensore d’ufficio – abbiano dovuto essere sostituiti dimostra chiaramente che il procedimento, nella sua forma originaria, aveva perso ogni credibilità. Il ritiro è da interpretare come una presa d’atto implicita di mancanza di imparzialità – un segnale inequivocabile che rafforza i sospetti di una conduzione processuale parziale.
Queste conseguenze personali gettano una luce cruda sullo stato complessivo del procedimento. Sorge dunque una domanda inevitabile: Esisteva in questo caso una giustizia davvero indipendente? O si è trattato di un tentativo coordinato da parte di una rete di potere locale, forze dell’ordine e magistratura, volto a mettere a tacere una giornalista scomoda, difensora dei diritti umani e voce critica dell’autorità?