La facciata dello Stato di diritto in Italia – condizioni peggiori del Far West
Nelle Madonie e le aule giudiziarie di Termini Imerese e Caltanissetta, la facciata dello Stato di diritto si sgretola – e ciò che emerge è una realtà inquietante, che per arbitrio e illegalità non ha nulla da invidiare al “Far West”.
La giornalista tedesca Evarella si difende dal 2022 contro strutture mafiose, sindaci corrotti e carabinieri, nonché contro i loro ambienti più stretti. Ha depositato denunce penali circostanziate, corredate da prove documentali, tramite una PEC ufficialmente registrata, indirizzata alla Procura di Termini Imerese – ma invece di aprire indagini, tutto è stato insabbiato. La sua richiesta ex art. 335 c.p.p. del 2024 lo dimostra nero su bianco: Evarella non risulta neppure come persona offesa.
Questo significa una cosa sola: in questa regione non esiste più alcuna via per difendersi da reati e corruzione.
Reati senza conseguenze – un paracadute per i colpevoli
Che si tratti di intimidazioni con manganelli da parte di mafiosi, di carabinieri che impongono interessi criminali o vi partecipano, o di ripetute minacce di morte – la giustizia a Termini Imerese e a Palermo guarda sistematicamente dall’altra parte. I gravi reati commessi da criminali non vengono perseguiti, e i reati dei carabinieri non arrivano mai ai competenti tribunali militari.
Chi invece insiste sui propri diritti, sperimenta l’opposto: vessazioni, persecuzioni e processi penali arbitrari.
Le vessazioni dei Carabinieri nella vita quotidiana – lo Stato di diritto come arma contro i cittadini
Chi in Italia si richiama alla legge paga alla fine un prezzo altissimo:
- controlli stradali arbitrari ogni due settimane da parte dei Carabinieri, con offese, vessazioni e minacce illegittime;
- privazioni della libertà illegali;
- violazioni di domicilio ripetute per anni da parte di mafiosi e carabinieri;
- multe false per oltre 1000 euro o decurtazione di punti, basate su fatti inventati;
- notifiche pubbliche continue, che servono solo a stigmatizzare i cittadini;
- una cascata di procedimenti penali contro persone palesemente innocenti, costruiti sulla “calunnia”.
E infine:
- perquisizioni illegali
- trattenimento illegittimo
- arresto domiciliare illegittimo
disposti da pubblici ministeri compiacenti e coperti da giudici conniventi
Chi denuncia giudici e pubblici ministeri viene annientato
Il caso di Francesco Carabone, presidente dell’Associazione Governo del Popolo, lo dimostra in modo eclatante. Dopo aver denunciato magistrati, è stato – a suo dire – sommerso dalla Procura di Caltanissetta con oltre 50 contro-denunce per presunta calunnia. «A Caltanissetta possono girarti immediatamente le tue denunce per calunnia. Inoltre i carabinieri e altri possono accanirsi contro di voi e siete soli in paese», così Carabone.
Sottolinea di resistere solo grazie al sostegno della sua compagna – Virginia Cerullo, avvocata iscritta all’albo – che lo sostiene e lo affianca anche sul piano legale.
Il quadro che emerge è chiaro: uno schema sistematico, non certo coincidenze. Ciò che conta è che, pur senza alcuna condanna, la sola mole dei procedimenti basta a distruggere una vita. Un classico esempio di lawfare: la giustizia trasformata in arma di persecuzione.
Il messaggio è chiaro: chi in Sicilia si richiama allo Stato di diritto viene terrorizzato dalla stessa giustizia, finché non si arrende. La minaccia non detta: sei in nostra balia – e nessuno ti proteggerà.
Uniforme e toga – gusci vuoti
È ormai evidente: lo Stato di diritto in Sicilia esiste solo sulla carta. Ciò che resta sono uniforme e toga – simboli che un tempo significavano protezione e giustizia, ma che oggi non sono altro che una facciata.
Nessuna vigilanza, nessuna conseguenza
Che uno scandalo giudiziario di tali proporzioni sia possibile da anni ha una ragione precisa: non esiste un’autorità di vigilanza efficace. Altrimenti la sistematica copertura delle denunce penali e la catena di procedimenti illegittimi contro innocenti non potrebbero esistere in queste dimensioni. Colpisce inoltre che pubblici ministeri come Lorenza Turnaturi – già indagata in un’altra vicenda – non vengano nemmeno sospesi dal servizio, ma continuino a sedere al loro posto, a insabbiare, falsificare e perseguitare innocenti.
Reti di insabbiamento
Le implicazioni che coinvolgono il Maresciallo Roberto Chilla e diversi PM – tra cui Lorenza Turnaturi, che nonostante indagini in corso resta in carica, e Ambrogio Cartosio, che come Procuratore Capo di Termini Imerese sembrerebbe tenere la mano protettiva su queste strutture – mostrano quanto vasta sia la rete dell’insabbiamento. Qui abuso, logge occulte e protezione reciproca (“cane non mangia cane”) si intrecciano in modo sistematico, impedendo ogni forma reale di controllo.
Lo Stato di diritto ha perso da tempo il controllo. I cittadini sono in balia di una giustizia penale che non agisce più in modo indipendente, ma che sistematicamente protegge i colpevoli e perseguita le vittime. In Sicilia lo Stato di diritto non è più garante di giustizia, ma strumento di oppressione.