L’ordine degli Avvocati dentro il Tribunale di Termini Imerese: conflitto di interessi e controllo assente Un’anomalia architettonica che diventa un rischio sistemico per lo Stato di diritto

Nel Tribunale di Termini Imerese esiste una configurazione istituzionale che, in qualunque Paese con una reale cultura della separazione dei poteri, verrebbe considerata una violazione strutturale dei principi democratici:

Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati ha sede nello stesso edificio del Tribunale penale.

Non è un dettaglio logistico. È la fotografia nitida di un sistema che ha smarrito — o forse deliberatamente compresso — la distanza indispensabile tra potere giudicante e potere difensivo.

Perché questa vicinanza è un pericolo istituzionale

A livello teorico e costituzionale, la funzione dell’avvocatura è chiara: garantire la difesa indipendente dell’imputato contro il potere punitivo dello Stato.

Ma quando difesa e giurisdizione condividono corridoi, uffici e caffè, la dinamica cambia radicalmente:

Indipendenza della difesa Pressione conformista e lealtà gerarchica
Controllo sull’operato giudiziario Rischio di auto-protezione reciproca
Tutela dell’imputato Addomesticamento della difesa
Autonomia professionale Sanzione sociale per chi si oppone
Trasparenza Opacità sistemica

Dove manca distanza, nasce connivenza.
Dove manca pluralità di spazi, nasce monocultura istituzionale.

La difesa d’ufficio senza indipendenza non è difesa

In un sistema in cui giudici, pubblici ministeri e avvocati d’ufficio lavorano gomito a gomito, la difesa non è più controparte, ma ingranaggio interno.

  • Chi contrasta, diventa un problema.
  • Chi denuncia, accusa colleghi, non un sistema astratto.
  • Chi esercita davvero la difesa, rischia isolamento professionale.

In questo contesto, la difesa d’ufficio diventa una funzione notarile, non una garanzia costituzionale.

È la trasformazione più pericolosa: la difesa da potere di controllo a dispositivo di gestione del danno.

Il conflitto di interessi non è episodico — è strutturale

Il problema non è un singolo avvocato, un singolo PM o un singolo giudice. È l’architettura stessa del sistema:

Quando l’ente che deve vigilare sull’autonomia dell’avvocatura risiede fisicamente all’interno della struttura che dovrebbe controllare, la vigilanza non è debole — è impossibile.

Nessuna democrazia moderna permetterebbe:

  • all’organo etico della polizia di sedere nel comando di polizia,
  • alla vigilanza bancaria di occupare l’attico di una banca,
  • al comitato anticorruzione di condividere uffici con il governo.

Eppure, a Termini Imerese: La tutela della difesa penale convive sotto lo stesso tetto della giurisdizione che la deve fronteggiare. Non è efficienza. È concentrazione di potere.

Conclusione

Uno Stato di diritto non si misura dall’assenza di errori, ma dal modo in cui preserva la separazione delle funzioni.

Se difesa e giurisdizione condividono lo stesso edificio, la difesa non è più un contrappeso — diventa un reparto interno.

E allora non è più l’imputato ad essere giudicato, ma la credibilità dell’intero sistema giudiziario.

La domanda finale non è retorica ma necessaria:
Come può esistere giustizia dove non esiste distanza?